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L’emergenza della gestione dei non talenti

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Perché non considerare commodity la gran parte del personale

La necessità di investire e trattenere i talenti, gli abitanti dello “spazio nobile” delle sfide competitive, è il nuovo leit-motive di articoli, convegni, simposi.

Si parla di “emergenza”, ma ritengo si tratti di un tema certamente non nuovo, ampiamente trattato in periodi dove la guerra per strapparsi persone talentuose era molto serrata e veloce, come veloci erano i cambiamenti nelle arene competitive.

Il tempo e le energie che le organizzazioni, i capi diretti e i responsabili del personale investono su questa risicata fetta della popolazione aziendale sono rilevanti.

In termini contro intuitivi e come stimolo al dibattito in corso mi sento di sostenere che oggi, per le imprese che vogliono investire in capitale umano ed essere competitive sui mercati, il vero fattore di successo è la gestione dei non-talenti.

Basterebbe infatti aumentare dell’ 1% la produttività media della “truppa”, che il sistema competitivo farebbe un significativo balzo in avanti.

E accantonerei anche i molti dubbi amletici sulla possibilità di gestirli, se invece sia preferibile che si autogestiscano, come fare a trattenerli, perché si comportano da nomadi, ingrati e spesso da traditori, eccetera,eccetera.

I responsabili del personale credo possano esercitare al meglio il loro ruolo di business partner con i capi di linea, facendo sistematica attività di ricerca di talenti, e progettando sistemi che incentivino attività, iniziative e proposte atte a “stanare i saperi nascosti”delle Persone che già lavorano in azienda.

Attività da co-progettare con i capi, certamente, e con la sponsorship dei Supervisori, magari focalizzandosi anche su un tema spinoso, collegato ai talenti, che è la gestione di uno dei vizi capitali più diffuso aziendalmente:l’invidia.

Ma quello che fa veramente differenza è la produttività e quindi la motivazione della Squadra.

Penso che il percorso più lungo e faticoso, che richiede fiato da maratoneta, sia quello di agire su quella parte della curva gaussiana aziendale dove sono posizionati gli indifferenti, i cinici, gli oppositori, i restii al cambiamento, insomma i non-coinvolti o, come li chiama qualcuno, "i dimenticati da Dio".

Se si crede che nulla sia possibile per e con questa fascia di persone, che tutto sia già stato fatto, ho il dubbio che si possa innescare una sorta di profezia autoavverantesi, che porterà queste Persone a diventare sempre più improduttive, poco-facenti e, in ultima analisi, non impiegabili.

E qualcuno il conto, alla fine, come sempre, dovrà pagarlo, sia esso il titolare dell'azienda, il cliente o entrambi.

Forse, nella tanto necessaria auto-analisi aziendale, sarebbe interessante inserire la voce "employabilty", espressione anglofona di una mission fondamentale dei capi d'azienda e dei Supervisori: trasformare gli "impiegati" in "impiegabili"!

Tutto sembra impossibile, finchè non viene realizzato!

 

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